giovedì 28 agosto 2008

Va in scena il South Side Story

Timothy Garton Ash - La Repubblica
Ora che la splendida eloquenza di Barack Obama si è riversata a ondate sopra di noi, rinfrescandoci e lasciandoci piacevolmente palpitanti come un surfista hawaiano, dovremmo rivolgere un pensiero a re Canuto.

Quando all´inizio di giugno è riuscito finalmente a vincere le primarie, Obama ha dichiarato che "tra qualche generazione potremo tornare indietro con il pensiero" (beninteso, solo quanti tra noi saranno abbastanza fortunati da essere ancora vivi tra qualche generazione).
E rammentare ai nostri figli (mentre presumibilmente loro stessi si appoggeranno all´intelaiatura dei loro deambulatori) che «questo fu il momento esatto in cui l´aumento del livello degli oceani iniziò a rallentare e il nostro pianeta cominciò a guarire».

Questa sua asserzione ha stabilito un record olimpico in fatto di iperboli, record che lo stesso Obama troverà molto difficile battere stasera nel discorso di accettazione della candidatura del suo partito. Nell´XI secolo, invece, il re Canuto si fece sistemare il trono in riva al mare e ordinò alla marea di fermarsi, bagnandosi i piedi. Leggenda vuole che egli avesse preso tale iniziativa per dimostrare ai suoi simpatizzanti i limiti del suo potere. Del resto, però, Canuto non si candidava alla presidenza.

Nelle prossime dieci settimane Obama dovrà dire tutto ciò che è necessario che dica per essere eletto, senza tuttavia compromettersi troppo. In questo genere di cose egli è molto abile: è un vero talento in tutto ciò che è in grado di ispirare senza andare troppo nello specifico. In seguito, all´indomani dell´elezione, farà i conti con Canuto.

Immagino che nella sua mente, se non nell´animo, Obama già lo sappia. I suoi libri e i suoi scrupolosi testi politici evidenziano una comprensione alquanto sfumata delle complessità del mondo reale. Possiamo confidare nel fatto che egli non commetterà l´errore di confondere la propria eloquenza con la realtà. E altrettanto non dobbiamo fare noi.
Decantando il messia democratico alla stregua di un "pragmatico sagace" (una definizione non proprio consueta per un messia), il suo neo-nominato compagno di candidatura Joe Biden afferma che Obama da presidente avrebbe l´opportunità «non soltanto di cambiare l´America, ma il mondo intero».

Cosa ancora più sorprendente, buona parte del mondo pare auspicare proprio questo. Ma la verità è un´altra: grazie a una buona dose di fortuna e all´afflusso massiccio alle urne di giovani volontari e di giovani elettori, Obama potrà effettivamente essere eletto presidente superando con successo gli ostacoli elettorali legati al fatto che è di colore, inesperto, liberal (nell´accezione americana odierna, alquanto particolare), intellettuale e affettuosamente "appoggiato" dai Clinton. Con la sua sola elezione, essendo chi è, egli potrebbe cambiare sia l´America sia il modo col quale l´America è considerata nel mondo. Quanto a cambiare quest´ultimo, però, è tutt´altra questione.

Essere esageratamente sdolcinati rientra tra gli ingredienti di base della politica americana e non c´è festival più esageratamente sdolcinato e burroso di una convention democratica. Nondimeno, ciò che sua moglie Michelle ha detto lunedì sera in un discorso stra-sdolcinato contiene un commovente elemento di verità: il fatto che una "ragazza di South Side a Chicago e il figlio di una ragazza madre hawaiana" siano effettivamente riusciti ad arrivare dove sono arrivati, esemplifica al meglio ciò che di buono e di ottimista c´è negli Stati Uniti.

Dopo West Side Story, un mondo intero intriso di cultura popolare americana palpita adesso per South Side Story.
In realtà, siamo in presenza di due storie, quella di Obama e quella di Michelle, adesso confluite nelle loro figlie Malia e Sasha. Quando gli americani parlano di "razza" intendono molte più cose di quelle alle quali ci riferiamo noi in Europa utilizzando questo termine.
"Razza" allude al lascito di intere generazioni di schiavi e di traumatica segregazione in tempi ancora recenti.

Questa sera Obama riceve la nomination in coincidenza con il quarantacinquesimo anniversario del discorso di Martin Luther King che iniziava con le celebri parole "I have a dream". Ciò sta a significare che appena 45 anni fa l´eguaglianza di base tra i cittadini americani era niente più di un sogno. La prima vicenda, quindi, riguarda in che modo nella sua famiglia i discendenti degli schiavi potranno arrivare a occupare la Casa Bianca.

Dopo Colin Powell e Condoleezza Rice al Dipartimento di Stato, questa è l´ultima barriera a cadere. La seconda vicenda riguarda proprio lui, Obama, figlio di un padre keniano sempre in viaggio e di una madre americana bianca, che ha rapporti di parentela con molte culture, e adesso da vero figlio di un mondo sempre più mescolato arriva a diventarne l´uomo più potente.
Il più potente, certo, ma pur sempre meno potente in rapporto alla maggior parte di coloro che lo hanno preceduto dal 1945 in poi.

Perché di fatto anche questo caratterizza il periodo Obama: il potere relativo del presidente degli Stati Uniti d´America è un potere minore, che continua a rimpicciolirsi e continuerà a rimpicciolirsi. Basti pensare a ciò che sta accadendo al di fuori della bolla elettorale americana. In Georgia la Russia ha fatto uno sberleffo a Washington, facendo letteralmente a pezzi le intese degli accordi firmati alla fine alla guerra fredda.

In Afghanistan e in Pakistan gli estremisti islamici stanno acquistando rinnovata forza e vigore - non le stanno perdendo - , mentre noi paghiamo il prezzo dell´impresa di George Bush rivelatasi completamente infruttuosa.

Alle Olimpiadi di Pechino la Cina ha propagandato il suo pacifico ritorno a livello di potenza mondiale in modo spettacolare. Tutti gli acrobati, i percussionisti, i ballerini che si muovevano coreograficamente in massa hanno superato in modo hollywoodiano la stessa Hollywood nello stadio a nido di uccello, inviando un messaggio più potente ed efficace di qualsiasi carro armato russo.

Tutto il mondo sta afferrando questo messaggio. Anche prima della dimostrazione tangibile dei Giochi Olimpici, il Pew Global Attitudes Project aveva presentato l´interessante esito di un sondaggio di opinione condotto in 24 Paesi, nel corso del quale agli intervistati è stato chiesto se la Cina sostituirà o ha già sostituito gli Stati Uniti come superpotenza leader nel mondo. Pochi hanno risposto che ciò è già avvenuto, ma circa la metà dei francesi, dei tedeschi, degli inglesi, degli spagnoli e degli australiani - per non dire dei cinesi stessi - ha dichiarato convinta che ciò avverrà in futuro. Colpisce ancor più un altro dato: un americano su tre si è detto sicuro che Pechino prenderà il posto di Washington. In politica estera come nei mercati finanziari questa percezione è già in buona parte realtà.

Nel frattempo, i colloqui commerciali internazionali sono falliti allorché i Paesi in via di sviluppo e sviluppati non hanno trovato punti di intesa. Siamo lontani, lontanissimi, dal poter onorare gli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo sottoscritti dalle Nazioni Unite e miranti ad aiutare i poveri e i malati di questo pianeta. Non sono state prese iniziative innovative per ridurre le emissioni di biossido di carbonio, soprattutto nelle economie del continente asiatico a rapidissima crescita.
Le calotte polari continuano a sciogliersi. Pressoché nulla è stato fatto per rallentare l´innalzamento del livello degli oceani.

Ed è poco chiaro in che modo uno spostamento anche radicale della politica americana possa ormai influire su tutte queste cose. Michelle Obama ha pronunciato parole eloquenti in merito al desiderio del marito di cambiare "il mondo così come è" nel "mondo come dovrebbe essere". Ma le effettive capacità di Washington di farlo sono di gran lunga inferiori a quelle degli anni Quaranta o perfino degli anni Novanta, quando Bill Clinton fu abbastanza fortunato da essere presidente in un periodo storico propizio.

L´America ha ancora forza ed energie straordinarie, e tra le più rilevanti c´è la capacità di attirare a sé da ogni parte del mondo gli uomini e le donne più brillanti, più intraprendenti e più pieni di energia, offrendo loro la libertà e l´opportunità di far uso del proprio talento con il massimo risultato. Persone come Barack Obama. Come uomo, Obama incarna i punti di forza tuttora prevalenti negli Stati Uniti. Come presidente dovrà affrontarne il crescente indebolimento.

*Timothy Garton Ash è professore di Studi europei all´università di Oxford e Senior Fellow presso l´Hoover Institution dell´università di Stanford. Il suo ultimo libro pubblicato si intitola Free World.

(Traduzione di Anna Bissanti)

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